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La storia medioevale conosce Pinzolo attraverso documentazioni scritte a proposito della sua storia economica e religiosa, e soprattutto per la presenza, a Pinzolo, della prima o di una delle prime Compagnie dei Battuti del Trentino. L'archivio comunale di Pinzolo conserva una recente versione dello statuto della Confraternita; tuttavia questa lasciò un nucleo di testimonianze ben più ampia e concreta della sincerità e del fervore che la ispiravano.

I Battuti erano una congregazione religiosa formata da laici dediti a una spiritualità fatta di lunghe orazioni, di severe penitenze e di azioni sociali e caritative.
I
secoli XIII e XIV videro anche le prime annose liti che opposero la comunità di Pinzolo e Baldino al monastero di Campiglio e le azioni allora intraprese per la difesa del patrimonio boschivo e prativo, principale fonte del reddito locale.
Nel 1500 fu restaurata la cappella di San Gerolamo in Baldino: non è tuttavia possibile datare con precisione la costruzione di questo edificio sacro che i monaci di Campiglio usarono come propria succursale e come base da cui irraggiare la loro opera di evangelizzazione. Qui venivano raccolte le offerte fatte dai devoti dell'ospizio, oblazioni peraltro assai generose. La cappella fu soppressa nel 1825 per ordine del vescovo che la giudicò indegna e priva di mezzi.
L'importante chiesa cimiteriale dedicata oggi a San Vigilio ha origini antiche: risale probabilmente a prima del Mille; nei primi decenni del XVI secolo le sue dimensioni erano ridotte. Divenne chiesa di cura d'anime nel 1642 quando Pinzolo e Carisolo si separarono dalla curazia di Sopracqua di Giustino e ne costruirono una autonoma (fino al 1727). Nel 1539 Simone Baschenis ne decorò la parete sud eseguendovi il famoso Trionfo della Morte con la relativa Danza Macabra, i Sette Peccati Capitali e la Resurrezione di Cristo. Il pittore aveva già svolto tale tema sulla chiesa di Santo Stefano a Carisolo, ma qui raggiunse i vertici della sua arte. Il significato spirituale e ascetico dell'opera traspare anche attraverso le didascalie che riflettono una visione del mondo particolarmente austera e cupa. Sembra che a tale iniziativa non fosse stata estranea la Compagnia dei Battuti, la "Fradaja de li Batui", che allora viveva un periodo di particolare fervore.
Nel 1540 Simone Baschenis si dedicò alla decorazione dell'interno della chiesa: nel presbiterio apparirono così le storie di S. Vigilio, Cristo in croce attorniato dall'Addolorata, S. Giovanni, le Pie Donne, gli Apostoli, S. Vigilio in trono, Cristo pantocratore con i Dottori della Chiesa e gli Evangelisti.
La peste del 1630 raggiunse Pinzolo: l'emigrazione a cui parte la comunità fu costretta trova conferma nella laconica iscrizione posta sull'altare della chiesa di S. Martino a Mantova datata 1659: qui si incontravano settimanalmente gli emigrati di Pinzolo. Nella seconda metà del XVIII secolo si profilò urgente il problema di innalzare un edificio sacro che sostituisse la chiesa di S. Vigilio, ormai divenuta insufficiente ad accogliere i fedeli. Dopo lunghe discussioni di decise di abbattere l'antica chiesetta medioevale di S. Lorenzo, posta nel centro del paese, e di costruirne una nuova, completata nel 1777.
Nel 1823 nacque a Pinzolo Nepomuceno Bolognini, una delle figure più rappresentative del Risorgimento trentino, coinvolto nei moti irredentisti che si conclusero nel 1866 con la battaglia di Bezzecca. Egli fondò con Prospero Marchetti nel 1882, nel suo paese natale, la SAT e approfondì e divulgò la conoscenza della storia e del folclore di Pinzolo. Coerentemente alla sua vocazione turistica e montana, nel 1952 fu costruito qui il primo Corpo di Soccorso Alpino italiano grazie all'opera di Angiolino Binelli. Tra il 26 e il 27 giugno del 1913 un tremendo incendio distrusse il paese di Pinzolo, risparmiando la frazione di Baldino e la chiesa parrocchiale. La prima guerra mondiale ebbe uno dei suoi più importanti teatri nella zona dell'Adamello e non risparmiò il paese di Pinzolo sia in temini di morti che di pericoli e di difficoltà. Peraltro la povertà dell'intera Val Rendena e di Pinzolo spinsero soprattutto all'inizio del secolo, numeri sempre più cospicui di suoi abitanti ad abbandonare la loro terra, emigrando alla ricerca di lavoro e di un minimo di benessere. Agli arrotini di Pinzolo che girarono il mondo con la mola ad affilare coltelli e lame nel 1969 fu eretto un monumento all'entrata del paese.

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